martedì 10 gennaio 2017

Tess dei D'Urberville - T. Hardy



Intenso, poetico, struggente, evocativo, è un romanzo completo ed estremamente attuale.
 Tess dei D'urberville è il mio libro del 2016.
Ti rapisce e ti trascina nella campagna inglese; ed è lì che Hardy vi lascia, inermi, muti spettatori di una storia che non conosce lieto fine.
Ricordo ancora il momento in cui, in lacrime, lessi le ultime pagine...Tess era pronta, io no!
Mi ci sono voluti giorni per metabolizzare il distacco. Ricordo di aver lasciato il libro sul comodino, per molto tempo, senza riuscire a trovare la forza di riporlo in libreria.
Il merito è di Hardy. Non avevo mai letto nulla di suo, prima di Tess ed è stato, subito, amore.
Le infinite descrizioni della natura che caratterizza il sud dell'Inghilterra vi lasceranno senza fiato. Vi sembrerà di essere lì, accanto a Tess e credetemi, è lì che vorreste essere, per prendere tra le vostre mani, le sue e dirle di reagire. Arriverete a desiderare di schiaffeggiarla, pur di convincerla che solo lei può cambiare la sua sorte e che è inutile ostinarsi ad esser così fiera e rigida. Ma, poi, capirete, che forse è meglio così! Vi rassegnerete, insieme a Tess, perché è così che il mondo vuole che vada. Un mondo schiavo delle regole e delle convenzioni, che in tutte le epoche, ma nella vittoriana maggiormente, sono state fonte di ogni male sociale.
Il romanzo è sicuramente dominato da un imperscrutabile destino, la cui ombra aleggerà incessantemente sui personaggi e non abbandonerà mai la protagonista. 
Anzi, sembrerà quasi accanirsi sulla nostra Tess. 
 Ma, a me non piace esser fatalista.
Ogni personaggio del romanzo, ha sicuramente contribuito all'evolversi degli eventi. 
Tess Duberfield, giovane e bella ragazza di campagna, scopre di essere l'ultima discendente di una nobile famiglia di cavalieri, i D'Urberville e viene mandata presso quest'ultimi dai genitori, per reclamare la parentela. In realtà Tess giunge alla casa di una famiglia di ricchi emergenti che hanno comprato quel nome, per crearsi una fama. 
Ed è proprio quella casa l'origine dei suoi dolori e delle sue disavventure. Qui incontra Alec D'Urberville, classico rampollo dell'alta società. Bello e spregiudicato, cinico e frivolo. Uomo di estrema passionalità che viene giustamente considerato il cattivo del romanzo. 
Seduce la nostra amata Tess, la violenta e diventa strumento, per ben due volte, della rovina della giovane donna che dovrà affrontare prove e sofferenze troppo grandi, per un cuore puro come il suo. Viene naturale odiarlo, giusto? A mio parere, però, c'è stato qualcuno non meno negativo, nella vita di Tess: Angel Clare, l'amatissimo!
Io stessa, inizialmente mi sentivo legata a questo giovane così retto, così premuroso e così innamorato. 
Chi è Angel? Il figlio di un pastore evangelico. Incontra Tess che ormai ha cambiato vita, per liberarsi dei ricordi, e se ne innamora. 
Il matrimonio con Angel può rappresentare, per la nostra protagonista, un riscatto. 
Tess sente di poter ricominciare, di non dover esser più schiava del suo passato. 
La realtà è ben diversa. Angel, a mio modestissimo avviso, è il vero artefice, anche se inconsapevolmente, del tragico destino della protagonista.
Figlio del suo tempo, schiavo delle convenzioni sociali, Angel non ha la forza per comprendere la grandezza d'animo di Tess, nonostante abbia tutti gli strumenti culturali e religiosi per farlo.
 Troppo preso dai turbamenti che sconvolgeranno il suo animo, dopo aver scoperto la storia di Tess e dalla preoccupazione del giudizio della società.
 Non è capace di dimenticare il passato della sua amata e l'abbandona, per poi ritornare, invano. Tess ed Angel non riusciranno, mai, a portare a compimento il loro progetto d'amore.
Il lieto fine non è previsto. 
Hardy non crede in un Dio regolatore che ripaghi per i torti subiti, ma soltanto in un destino avverso, contro cui l'uomo nulla può.
E nulla ha potuto Tess, troppo fiera ed ancorata al suo amore, per ribellarsi alla sorte. Troppo matura e ligia al dovere per la sua giovane età.
 Ella si offre come vittima sacrificale della crudeltà e dell'ignoranza umana. La sua colpa è la sua semplice e allo stesso tempo angelica bellezza. 
Una bellezza che la perseguiterà fino alla fine.














martedì 22 novembre 2016

Novecento - A. Baricco



          Novecento, il racconto di una leggenda che ha inizio nel primo giorno dell'anno 1900.
Abbiamo una data, occorre un luogo: Virginian, un piroscafo che faceva spola tra l'Europa e l'America, con il suo carico di ricconi, di povera gente e di emigranti. Un nome?  Danny Boodmann T. D. Novecento. Una colonna sonora? La sua! 
Chi è Novecento? Non sta a me dirlo. Novecento è una data, un'epoca, un uomo, una leggenda, un mistero. Novecento è musica, melodia che nasce da un pianoforte, è il fruscio delle onde dell'oceano. Novecento è attaccamento alla vita, alla propria vita, qualunque essa sia. Novecento è, al tempo stesso, paura di vivere una vita non tua; paura di una musica che non sai suonare, su un'infinità di tasti.  Una vita perfetta per tutti, ma non per te. 
Non vi racconterò la storia di Novecento, vi priverei della magia che ho vissuto io, leggendo quelle sessanta pagine di pura poesia. Staccatevi dal racconto. Leggete Novecento ad alta voce, lasciatevi cullare delle note di quelle parole. Piangete, amatelo, odiatelo, deridetelo ma non cercate di comprenderlo. Non si comprende un mito. 
Ho letto, per la prima volta, questo monologo teatrale nel 2012. Da allora, lo rileggo spesso. Quando? Ogni volta che mi sento triste; ogni volta che non riesco a prendere decisioni importanti. Ogni volta che avverto la paura di scegliere. Novecento è lì, ad aspettarmi. Su una nave, in mezzo all'oceano, a suonare la sua musica infinita.
Se non avete mai letto Alessandro Baricco, vi consiglio di iniziare proprio da qui. 
So che è uno scrittore che non tutti apprezzano, probabilmente andrò contro corrente consigliandovi di dargli un'opportunità. Secondo me, la merita tutta. 
Non voglio dilungarmi, adesso, sul perché amo il suo modo di scrivere; lo farò, in un altro post, se vi fa piacere.
Per ora, vi consiglio di spendere un'ora del vostro tempo per Novecento e, dopo la lettura, di ascoltare "Sempre in viaggio sul mare", brano di Edoardo Bennato, ispirato al libro di Baricco. Credetemi, non vi deluderà!





venerdì 18 novembre 2016

Bruges la morta - G. Rodenbach




Una trama semplice, per un libro che quasi non ha bisogno di una storia. "Bruges la morta" è un romanzo breve estremamente evocativo. Privo di intrecci e di colpa di scena, è un continuo riecheggiare di campane, di fruscii di vesti sull'asfalto, di passi di vecchiette stanche, di battiti d'ali di cigni, di malinconici lamenti. Rodenbach, pur senza perdersi in dettagliate descrizioni (da me sempre ben accette) riesce a rendere appieno le atmosfere di una Bruges decadente, melanconica, morta. Azzarderei con l'affermare che la vera protagonista è la città stessa, simbolo di un tempo che mai ritornerà. La Bruges del XIX secolo era una città estranea al progresso industriale; troppo legata alle sue torri medievali, proprio come Hugues (protagonista del romanzo) resta legato al fantasma della moglie che non c'è più. Dopo la morte dell'amata, decide di trasferirsi a Bruges, perché si sente in sintonia con le atmosfere cupe di questa città, atmosfere che sanno di morte. Qui riesce a portare avanti la sua "non vita". Abiterà una casa che riempirà di ricordi della moglie, rendendola un reliquiario maledetto; una casa che fin da subito lascia il presagio di una tragedia. Hugues incontrerà una donna, la cui unica colpa sarà quella di somigliare ad Ofelia, moglie defunta del protagonista. Tra i due nascerà una strana relazione, fatta di false illusioni che prenderà, presto, una brutta piega. Jane, la giovane donna era una ballerina di teatro; che affronto per la bigotta Bruges!
Ho letto questo libro d'un fiato. Un paio d'ore di piacevole malinconia. Sentivo  l'odore della nebbia e un immenso bisogno di solitudine. Vorrei esser lì, a Bruges, proprio ora che siamo a novembre. Conoscete un mese migliore per lasciar riaffiorare ricordi malinconici?

Io, lettrice...



La libreria è l'unica parte della  mia camera che mantengo in ordine. I miei libri son ordinati per casa editrice e, laddove possibile, per colore.
Non compro libri. Li accumulo come se non ci fosse un domani. Quando entro in libreria è come se fossi colta dal terrore che qualcuno, l'indomani, possa vietare l'acquisto dei libri. Ho una memoria molto forte, tranne quando si tratta dei finali dei libri che leggo. 
Se un libro mi ha stravolto (in positivo o negativo) non riesco a riporlo subito in libreria. Devo averlo sul comodino, il tempo necessario a metabolizzare la separazione.
I miei libri sono preziosi: non li sottolineo, non metto post-it e non apro troppo le pagine. Che orrore le pieghe sulla copertina.
Fin da piccola ho sempre letto di tutto, ma col passare degli anni, ho affinato i miei gusti. Prediligo i classici, i  fantasy, i romanzi storici, i gialli, ma non disdegno la letteratura contemporanea. Si! devo ancora trovare la  mia dimensione ideale. Ma chi ha detto che debba esserci?

Qualcosa di me



  Porto il nome di Mrs Melanie Hamilton,  personaggio di "Via col vento",
  uno dei più bei romanzi del '900. Ho due grandi passioni: la danza classica e la lettura. 
Amo l'arte e ne ho fatto materia di studio e  fonte di ispirazione. 
 Adoro passeggiare; la mia giornata ideale è girovagare per vicoletti, alla ricerca di angoli dimenticati, chiesette da esplorare e (da golosona quale sono) piccole delizie da gustare.
Mentre scrivo, mi chiedo:" Melania, perché hai aperto questo blog?"
Non lo so! Forse ho bisogno di uno spazio tutto mio, un luogo immaginario, in cui raccontare, a me stessa, qualcosa di me, delle mie passioni, delle  mie letture. Magari, chissà, un giorno ci sarà qualche lettore, qualcuno con cui condividere opinioni e passioni. Forse, un giorno.
Per il momento, ci sono io, una tastiera e tante idee.
Scopriremo, insieme, cosa ne verrà fuori.